Psicoterapia focalizzata sulle emozioni e video-tecnologia

23 Agosto 2021
MASTER SPAI

La pandemia da Covid-19 ha costretto i terapeuti ed i counselor di tutto il mondo ad usare video e programmi di rete per fornire trattamenti psicoterapici, per insegnare e per la supervisione dei casi. Alcuni modelli di psicoterapia (come la Psicoterapia Intensiva a Breve Termine – ISTDP) hanno storicamente usato la video tecnologia per gli scopi sopracitati.

A. Abbass e J Elliott hanno scritto un articolo con interessanti considerazioni sulla psicoterapia focalizzata sulle emozioni e l’utilizzo della videotecnologia al tempo del Covid-19.

ABBASS, Allan; ELLIOTT, Jasen. Emotion-focused and video-technology considerations in the COVID-19 crisis. Counselling Psychology Quarterly, 2020, 1-13.

La ISTDP, come metodologia terapeutica, è costruita per attivare “crisi intrapsichiche” che permettano alla persona di fare esperienza emotiva dei conflitti irrisolti con l’obiettivo di favorire un cambiamento.
Il trattamento psicoterapico si basa su un esame dettagliato dei segnali verbali e non verbali come indicatori di processi di evitamento inconsci ed esperienze emozionali inconsce.

Adottare la video tecnologia presenta sfide uniche, difficoltà ma anche benefici.
La crisi corrente causata dal COVID-19, si traduce in temi di trattamento comuni che i terapeuti dovranno essere in grado di gestire.
Esamineremo “modelli comuni” di risposta alla crisi, alcune caratteristiche basate sul trauma dell’attaccamento e alcuni temi che emergono a causa di questa crisi e dei relativi cambiamenti sociali che essa porta con sé.
Nel contesto attuale, anche le crisi esterne o quelle extra-psichiche possono essere un “trampolino di lancio” per la crescita personale.

Sentirsi a proprio agio con la tecnologia:

➢  confidenza con la tecnologia in uso;
➢  è suggerito l’uso di cuffie (auricolari) sia per favorire la privacy che la qualità del suono;
➢  avere un contatto secondario in caso la connessione salti.

Guardare attraverso un computer (schermo/macchinario)

All’interno delle videochiamate o video-conferenze online, si possono utilizzare frasi e concetti (es.“qui con me”, “qui assieme/insieme”) per rendere l’ambiente più familiare e creare una connessione più diretta col paziente.

Contatto visivo?

Mantenere o anche solo ottenere il contatto visivo durante una video-chiamata non è qualcosa di semplice, anzi a tratti può risultare complicato.
DI certo, uno degli accorgimenti che aiuta in tal senso, può essere quello di posizionare il pc o la web camera in modo da risultare ad altezza occhi.

Vedere la parte superiore del corpo e i movimenti

Risulta “ideale” vedere l’intera parte superiore del corpo del paziente nell’inquadratura, per poterne notare al meglio la gestualità (tensione muscolare, attivamento emotivo, etc..).
Altrettanto importante è che il terapeuta sia visibile alla stessa maniera, sia per il paziente sia per una propria riflessione nel post lavoro, sulle risposte non verbali che vengono trasmesse sullo

schermo.
Possibili risposte dei pazienti alla crisi COVID-19;

Esse dipendono dalla natura delle esperienze individuali, dalla struttura psicologica e dalla personalità del paziente. Di seguito possibili schemi di risposta allo stress:

  •   individui tesi ed impegnati, risultano sufficientemente adattati e capace di rispondere alle sfide della realtà sociale, talvolta possono tendere a preoccuparsi e ossessionarsi.
  •  individui deboli ed esausti (esauriti), presentano stanchezza e dolori muscolari insieme ad altri sintomi somatici, pronti all’uso di sostanze.
  • individui spaventati, cauti/circospetti, costantemente “in guardia” nei confronti di ogni cosa esterna, ossessionati a prevenirne ogni rischio, irritabili e ostili contro ogni cosa percepita come minaccia, sensi aumentati dal costante stato di allerta.

TEMI COMUNI EMERGENTI DALLA CRISI CORONAVIRUS:
●  perdita;
●  confinamento forzato;
●  controllo da parte di altri;
●  “sentirsi incastrati” con/dalla famiglia;
●  perdite economiche;
●  futuro incerto;
●  sensazione di maggiore e minore vicinanza;
●  calma e/o indifferenza.

Quelli sopracitati risultano essere temi clinici “comuni” in questo periodo di pandemia.
Eventuale malattia e “senso” di morte, risultano una vera minaccia che caratterizza questo periodo complesso, che smuoverà ogni esperienza dolorosa/traumatica, rimasta irrisolta nel soggetto. Sintomi somatici, sfinimento (esaurimento), sintomi depressivi oltre al distaccamento emotivo.
Con la quarantena, il confinamento e le altre restrizioni imposte dal sistema, l’idea di essere controllati da altri può spesso condurre a sentimenti di rabbia. Ricordi di abuso di potere e/o di controllo subiti durante l’infanzia, possono riemergere e se espressi e ‘digeriti’ durante il lavoro in seduta, possono portare sensazioni di sollievo.
Il contatto continuo con i membri della famiglia, può imporre un costante mantenimento dei ruoli, possono riemergere così traumi legati a relazioni strette del passato e un forte senso di irrequietezza.
Perdite economiche ed incertezza per il futuro, incentrate su esperienze di insicurezza personale che dipendono, su larga scala, dagli stili di attaccamento che il soggetto ha maturato attraverso le relazioni significative primarie possono aumentare i vissuti emotivi inconsci.
“La belle indifference”, casi di calma paradossale in cui individui con tendenze autodistruttive provano sensazione di rilassamento in rapporto a situazioni di minacce ‘abusive’ possono anch’essi manifestarsi.

Conclusioni

La vasta gamma di possibili comportamenti dei pazienti in questo periodo stressante e il lavoro in

videochiamata, richiedono un’attenta conoscenza dei vantaggi e degli svantaggi per saperli sfruttare/affrontare al meglio, per non trasformare le sedute in un ennesima fonte di stress.
Appare di fondamentale importanza conoscere quegli strumenti utili al terapeuta per ricreare, nello spazio virtuale, sensazioni di vicinanza e continuità di solito esperite dal vivo; nel tempo si è osservato che le problematiche date da questi nuovi mezzi comunicativi, possono ridursi.

L’articolo originale è consultabile qui

dott.ssa Giulia Scarpa